Piazza S. Antonino 6

giovedì 28 giugno 2007

"La Basilica di S. Antonino"




Una prima basilica paleocristiana fu fondata, tra il 350 e il 375, dal primo vescovo di Piacenza S. Vittore il cui corpo si conserva sotto l’ altare maggiore in un’ urna comune anche ai resti di S. Antonino.
é questa la cosidetta “basilica vittoriana” che, secondo la ricostruzione fatta dal Siboni, occupava l’ attuale area del transetto ovviamente escluso l’ atrio del Paradiso.
La basilica di S. Antonino era nata come cattedrale e pertanto aveva esigenze di spazio certamente superiori a quelle che potevano venire offerte da in saccello di modeste dimensioni... perciò potrebbe essere più probabile una forma basilicale con un’ aula rellangolare, un’ abside sul fondo e la copertura a capriate di legno in vista.


>Nel 1004 la ricostruzione da parte del vescovo Sigifredo<

L’ ultimo secolo del primo Millenio dopo Cristo assiste a varie invasioni barbariche che si spinsero fino alle porte della nostra città causando distruzioni e rovine. La Basilica di S. Antonino era ancora al di fuori della cinta muraria e riportò gravi danni. Fu il vescovo Sigifredo a ricostruirla nel 1004, ampliando il primitivo impianto intatto o quasi, il vano centrale sul quale elevò la torre ed i transetti, che probabilmente furono soltanto riparati assieme ai tetti ed ai piani, e finito all’ esterno con i nuovi schemi decorativi dell’ architettura romanica.
La bella torre ottagona aveva in origine tre ordini di bifore: i primi due furono chiusi nel 1530 per darle maggiore solidità.
Attorno al 1230 si cominciò a sistemare la facciata nord e del 1350 é la costruzione del portico, detto dal Paradiso, opera dell’ architetto Pietro Vago; nel 1495, all’ interno, il primitivo tetto a capriate in legno fu sostituito da volte in stile gotico, mentre dei secoli successivi sono varie aggiunte barocche.


>A metà dell’ Ottocento iniziano i primi restauri<

I primi restauri sono del 1853-56, ma non furono del tutto felici se, all’ inizio del Novecento, si decide di intervenire di nuovo. Questa volta i lavori sono affidati all’ Architetto Arata.
I restauri hanno inizio nel 1915 e vengono sospesi nel 1930 e e, anche se non mancano le riserve, il giudizio che viene dato sull’ opera dell’ Arata é generalmente positivo.
Nel 1971, infine, é stato sostituito il rosone del “Paradiso” ad opera dello scultore piacentino Paolo Perotti mentre, come abbiamo già ricordato, é in atto da alcuni anni un paziente lavoro di riordino del materiale d’ archivio e del patrimonio artistico in genere.


> Le opere d’ arte collocate all’ interno della Basilica<

Nella navata destra vi sono gli affreschi do Bernardino Massari; nel braccio destro del transetto, nella Cappella di S. Opilio, un dipinto in cui Bernardo Ferrari ritrae il Santo, mentre nella Cappella del Sacramento vi é un’ Ultima cena di Bernardo Castello.
Passiamo al presbiterio: nella volta Camillo Gavasetti ha affrescato “Il trionfo di Gesù”,mentre alle pareti si conservano quattro tele di Robert de Longe raffigurante”La predicazione di S. Antonino”, “La decapitazione di S. Antonino”, “L’ invenzione” e “La traslazione del corpo del Santo”. Sulla parete dell’ abside, sempre il De Longe ha dipinto un “Sant’ Antonino che addita a S. Vittore il reliquario della Sacra Spina”.

Nella cappella absidale di sinistra Giuseppe Nuvolone ha raffigurato “S. Casto” e “S. Desiderio”, mentre nell’ ultima cappella della navata di sinistra vi é un “S. Antonino Abate” del XVI secolo.
Sono da ricordare le sculture del “Crocefisso con la Vergine e S. Giovanni” del XV sec (terza cappella della navata destra ), mentre nel museo é conservata la famosa “Brandassa”, un crocefisso in bronzo con i simboli degli Evangelisti.
L’ organo ha precedenti illustri che ci portano fino al periodo rinascimentale. Vi hanno lavorato Pietro Cavalletti, i fratelli Lingiardi, Antonio Sangalli finché, nel 1956, la parrocchia affida l’ incarico, per un nuovo organo, alla ditta Tamburini di Crema. Lo strumento dispone di tremila canne, cinquanta registri sonori, trenta registri meccanici, tre tastire ed una pedaliera con trentadue note. La consolle contiene ben centocinquanta comandi.


>Le opere di restauro del Ministero della P.I.<

Alla fine del ciclo delle opere provvisionali e dei rilevamenti di innumerevoli dati era necessario iniziare la parte delicata dell' operazione sia sotto il profilo etico-culturale che quello sotto il profilo statico.
La Sovrintendenza ai Monumenti dell' Emilia e Romagna sensibile al caso di sant' Antonino interveniva immediatamente e in poco tempo riusciva a riorganizzare ed avere finanziamenti per il primo e grande intervento.
Esso consisteva nel consolidare, con alte tecnologia sperimentali, le strutture dei pilastri, gli archi e le murature del tiburio.
Il progetto prevedeva inoltre l' introduzione nelle grandi pareti della parte quadrata del tiburio di coppie di poutrelles da sospendere in secondo tempo a speroni posti ben più in alto dalla loro posizione e con questo sistema scardinare la tecnica usuale, scaricando un effetto arco artificiale, il peso di tutta la torre non più solo sulle colonne, ma parzialmente anche sui muri di basamento circostanti.
Il lavoro eseguito quasi per intero, oggi presenta una realtà tecnica di altissimo valore soprattutto per quella parte che, aldifuori della statica tradizionale, attua sistemi iperstatici sperimentali con tecnologie innovative.
Dopo una breve sospensione dovuta a difficoltà finanziarie dello Stato in questo periodo hanno ripreso i lavori sospesi e che ora dovranno portare a totale compimento il restauro statico e ad avviare anche la soluzione del restauro architettonico che presenta così delicato e complesso.


>Ricerche e ritrovamenti all' interno della basilica<

Il popolo della Parrocchia di S. Antonino ha seguito con molta trepidazione ed interesse ogni fase dei lavori in esecuzione perché la Chiesa é per i Piacentini un punto di testimonianza e di verifica della vita e della storia locale, rappresentando anche il centro storico-culturale dell' intera comunità cristiana della città.
Mentre da un lato la Sovrintendenza operava nei suoi ambiti, la famiglia parrocchiale avviava un secondo lavoro di riordino e di ricerca nell' ambito della Basilica stessa.
E' di questo periodo infatti il ritrovamento di un dipinto del '400 sottostante ad un altro del 500, é di questo periodo il ritrovamento di un antico arco costituente la cappella della Croce, con i dipinti del 1000, del tutto simili e coevi agli affreschi estesi alle pareti della chiesa e presenti all' epoca della Pace di Costanza; é ancora di questo periodo, il rifacimento del pavimento della cappella dedicata alla Beata Vergine, che riprendendo i motivi decorativi del pavimento del Presbiterio ha riportato inoltre il piano di questa cappella alla quota originale della creazione, con l' eliminazione di un gradino; é di questo periodo la pulizia del pavimento in cotto di tutta la chiesa.


>Sistemazione dei tetti e manutenzione di strutture<

Un capitolo tutto particolare nell' ambito degli sforzi e dei lavori eseguiti dalla parrocchia, va dedicato agli oscuri di sistemazione e manutenzione dei tetti.
In molte parti della chiesa questi presentavano situazioni pericolanti, situazioni di totale obsolescenza con incidenza negativa sullo stato di manutenzione dell' immobile, per molti muri maestri erano impregnati d' acqua, i pavimenti erano costantemente coperti dalle acque piovane ad ogni goccia cadente dal cielo, cedimenti nelle strutture di copertura e totale disfacimento delle canale di gronda denunciavano l' abbandono totale attuato e la non più sostenibile situazione leggibile in ogni angolo, in ogni struttura.
Con molta pazienza, con molti sacrifici la famiglia parrocchiale ha risposto e ha dedicato però infinite attenzioni a questi problemi per cui oggi possiamo parlare di una situazione ben diversa dove in linea generale é quasi tornata alla "normalità" e le parti a cui metter mano per impedir il continuo disperdersi del patrimonio artistico si sono ridotte di oltre il 50%.
Fra le strutture in più gravi condizioni restano ancora alcune parti del tetto e soprattutto il chiostro e le zone della canonica dedicate alla casa del parroco e all' archivio.


>Completamento del restauro alla cappella della B.V.<

Questo senso di pulizia e di rinnovata freschezza che la nuova illuminazione, il trattamento del pavimento aveva ridonato al complesso, portava al completamento del restauro della Cappella della Beata Vergine Immacolata ove con il ripristino della posizione del pavimento nella posizione iniziale già si erano iniziati i lavori.
Fatte molte considerazioni, tenuti presenti i rapporti esistenti tra la la navata centrale e le absidiole laterali, nell' intento di creare ambienti sempre più subalterni e corali all' altar maggiore, anziché privilegiare questi con significazioni eccessive, si era optato per la ripetizione, in scala minore dal pavimento dell' altar maggiore in modo di dare una sensazione di continuità subalterna tra cappella del Santissimo e presbiterio in un linguaggio contestuale e continuo.
Nel desiderio do recuperare eventuali documenti della storia passata attraverso il reperimento di decorazioni o affreschi, si sono tratte le pareti della piccola cappella della Beata Vergine Immacolata con un attento e delicato lavoro di ricerca e quindi di lavaggio, attraverso il quale sono state messe in luce decorazioni a tutta parete, ricche figure e decorazioni in forma monocromatica.
Lo stato delle cose oggi é tale da poter acconsentire un restauro vero e proprio delle pareti, in modo da riportare alle figurazioni iniziali anche questo ambiente della chiesa.
Recentemente si sono compiute anche le opere necessarie per il recupero degli ambienti della sagrestia "nuova" attraverso una generale pulizia, il rifacimento dell' impianto elettrico e di illuminazione, la sistemazione dei pavimenti in cotto con il recupero di piastrelle coeve, l' inserimento dell' impianto di riscaldamento e quindi si é dato un nuovo taglio distributivo all' arredo, mettendo in luce cose e oggetti presenti trascurati e non valorizzati.

Questo bilancio degli ultimi due anni della Comunità Parrocchiale di S. Antonino debbono ora dare una dimensione del senso di "Partecipazione" che la parrocchia é venuta via via acquisendo, "Partecipazione" attraverso la quale i beni della Chiesa sono gestiti e "partecipati" con vivo senso civile dal popolo cristiano.

mercoledì 27 giugno 2007

"Il ritrovamento delle reliquie"





Il IV secolo non fu un periodo facile per Piacenza: l’ Impero romano era sempre più oppresso e indebolito dalle continue invasioni barbariche e la città padana, sebbene godesse di una posizione geografica favorevole, risentita fortemente delle tensioni che scuotevano il potere centrale. A complicare una situzione già di per sé instabile e precaria, le incessanti persecuzioni contro i cristiani, insistentemente indette da quegli imperatori che temevano chissà quali conseguenze dalla scelta fatta dai seguaci di Cristo.
La situazione finalmente cominciò a cambiare con l’ arrivo di Costantino nel 313 e con l’ emanazione dal famoso Editto di Tolleranza. Per i cristiani sorgeva l’ alba di un periodo di pace e tranquillità.
Intanto le ossa di Antonino giacevano dimenticate in qualche angolo sperduto della città, finché il vescovo Savino ebbe in sogno la visione del luogo esatto in cui si trovavano le preziose reliquie del martire, luogo che si ritiene fosse nel sottosuolo della chiesa di Santa Maria in Cortina, dove tutt’ oggi esiste il Puteus (letteralmente pozzo) Sancti Antonini Martyris, una cavità sotterranea che immette all’ ipogeo in cui era stato inizialmente sepolto il martire.
Savino radunò subito il giorno seguente le autorità civili ed ecclesiastiche della città e si recò sul luogo indicatogli. Scavò lui stesso e trovò il corpo con accanto l’ ampolla contenente il sangue del giovane, come abitualmente avveniva per i cristiani che avevano subito il martirio. Dispose che le sante reliquie fossero immediatamente traslate nella vicina chiesa che il primo vescovo di Piacenza, Vittore, aveva fatto costruire come suo sepolcro. Si tratta dell’ attuale Basilica di sant’ Antonino, che ancora oggi conserva il corpo del proprio patrono accanto a quello del primo vescovo della città, Vittore.

"La misteriosa vicenda di sant' Antonino"


> La leggenda di Sant’Antonino <

Secondo la leggenda Antonino nacque nel 270 a Piacenza ma già su questa notizia non c’ é nessuna concordia. I più sostengono che fosse di stirpe nobile, ma che avesse rinunciato ai suoi beni famigliali per dedicrsi a Cristo.
Ancora giovane, pare decidesse di intraprendere un viaggio in Terra Santa prima della sua predicazione del Vangelo oppure dopo, quando già la sua vita era tutta orientata verso Cristo. Durante il viaggio venne al corrente che in Egitto si trovavano gli “apostolici soldati” della Legione Tebea (una formazione militare romana interamente composta da cristiani e posta sotto la prudente giuda del comandante san Maurizio.
Antonino si recò incuriosito in Egitto dove rimase affascinato dalle virtù cristiane di quei soldati e chiese con successo di essere ammesso a farne parte.
In quel periodo in Francia scoppiò un ribellione contro i decreti anti-cristiani degli imperatori Diocleziano e Massimiano. Questi decisero di attirare la Legione Teabea in Italia con l’ inganno di sedare le sommosse, al fine di costringere i soldati ad abiurare la loro fede in Cristo. Così i legionari partirono senza indugio.
Imbarcatisi ad Allessandria d’ Egitto, approdarono a Roma dove era rimasto Diocleziano. I soldati della Legione Tebea si fermarono a Roma per rendere omaggio al papa Marcellino, che le esortò a continuare a diffondere e difendere la fede cristiana, così gravemente minacciata. Rincuorati procedettero verso la Francia dove ai confini li aspettava Massimiano.
A questo punto l’imperatore, dopo aver più volte tentato senza successo di costringere i legionari ad adorare gli dei, ne ordinò lo sterminio completo.
Moltissimi morirono, compreso il comandante Maurizio, mentre Antonino e pochi altri furono misteriosamente risparmiati.

> Antonino a Piacenza <

Antonino continuò la sua opera di evangelizzazione in questa città ancora in preda al caos religioso.
Nel giro di poco tempo Antonino diventò un personaggio scomodo e i suoi giorni si fecero presto contati ma continuò fino alla fine a diffondere il seme del Vangelo in quelle terre a lui tanto care, gadagnando numerose anime a Cristo.
La sua predicazione si concluse con il martirio, che subì a Travo, un paesino vicino al fiume Trebbia , in un torrido giorno d’ estate del 303.
Venne selvaggiamente picchiato e, visto che non voleva saperne di abiurare la sua fede, gli aguzzini lo fecero morire per decapitazione.
Il corpo mutilato venne poi gettato nel fiume, in modo che i cristiani non avessero in eredità le reliquie del martire.
Ancora in vita, Antonino pare predicasse anche a personalità influenti tra cui un tale Festo il quale però, non sentendosi pronto al martirio, nascondeva il suo essere cristiano. La leggenda narra che le reliqui misteriosamente arrivarono fino alla porta della casa di Festo e che egli le prese e le sistemò nel luogo più degno della sua casa. Quella stessa notte fu avvertito in sogno circa il luogo in cui Antonino era stato martirizzato e il mattino seguente vi si recò con i suoi servitori per recuperare gli altri resti del martire.
Festo, temendo che le reliquie potessero essere profanate dai nemici della fede, le seppellì in un locale sotteraneo nei pressi della sua abitazione. Rimase così sconosciuto il luogo in cui le spoglie di Antonino riposavano.

> Oltre la leggenda <

Gli studi più recenti sono riusciti a dimostrare quante e quali mistificazioni sono andate aggiungendosi nel corso dei secoli alle scarne notizie sul vero sant’ Antonino.
Si deve ad esempio al testo dell’ Inventio, cioé il racconto del ritrovamento miracoloso delle reliquie del santo, redatto all’ epoca del vescovo Savino e di cui ci occuperemo più avanti.
La prima falsificazione discende dall’ errore nella letterartura del testo recante il resoconto di u effettivo viaggio in Terra Santa, compiuto però da un’ altra persona, un piacentino che al momento di mettersi che al momento di mettersi in cammino verso il 570, invocò la protezione di sant’ Antonino. In seguito a un amaldestra traduzione, si trasformò presto nell’ effettiva presenza del santo, originando così in un clamoroso errore, scivolato per se coli in quasi tutte le biografie di sant’ Antonino.
Questa prima falsificazione trascina con sè anche un altri particolare della vita del santo, che viene così ad essere privato di fondamento storico: la sua militizia nella Legione Tebea.
Se Sant’ Antonino non é mao stato in Terra Santa, non ha nemmeno potuto unirsi ai legionari di san Maurizio. Evidentemente i redattori si trovavano in difficoltà a narrare la vita di un santo che si conosceva più che nulla e temendo di impoverire la figura agli occhi del popolo che lo venerava come suo patrono e protettore, perché non farne un valoroso soldato della Legione Tebea i cui membri erano cristiani?
In più nel XI secolo Arcidiacono Giovanni inventò che sant’ Antonino fosse di nobili origini, esaltandone così le virtù cristiane e facendolo rinunciare fin da giovane alle ricchezze per seguire il Vangelo.
Per dare senso a tante grossolane alterazioni di una verità che rimane misteriosa, é iportante riflettere sul fatto che Piacenza verso l’ anno Mille visse un momento di grande espansione e ricchezza tanto da definirsi “gloriosa civitas” .
L’ ascesa della città avvenne sotto la guida della prestigiosa figura del vescovo-conte. La “gloriosa civitas” aveva perciò bisogno di un “glorioso patrono”, che le desse adeguato lustro.
In conclusione, se sant’ Antonino sia stato piacentino o meno, se abbia veramente fatto il soldato e magari nella Legione Tebea; quali sono state essattamente le modalità del suo martirio e della sepultura, forse non lo sapremo mai. Resta comunque fermo il fatto che che tra il territorio piacentino e sant’ Antonino il legame é antichissimo e solido e il santo patrono della “gloriosa civitas”
non ha mai mancato di proteggere la sua città nel corso dei secoli e dei millenni.